Eigengrau di Denitza Nedkova

Eigengrau, il colore del buio, è ciò che sembra trasparire come cardine della ricerca estetica di Fulvio Rinaldi. La percezione di questa specifica gradazione cromatica dottata di una sua luce intrinseca è un fenomeno originato dalla retina, insieme alle connessioni cerebrali associate alla visione, dove la percezione di questo strano colore è una sorta di residuo o rumore visivo dell’attività neuronale. Pertanto anche quando chiudiamo gli occhi diverse strutture neurali del sistema visivo rimangono attivi, generando attività cerebrale in assenza di luce che il cervello non è in grado di separare da una vera percezione di luminosità. Si tratta di un fenomeno che dimostra come la nostra mente è in grado di sentire la cromia anche in assenza di una luce fenomenica. Un fenomeno che le opere di Rinaldi esplicitano chiaramente attraverso una lunga ricerca, dal 1970 ad oggi, non tanto della luce e le forme che prendono corpo attraverso essa, quanto della negatività luminosa, ovvero l’assenza di luce che produce forme e colori grazie unicamente al lavoro della mente. I negativi monocromi e policromi di Rinaldi emergono, prima ancora che situazioni fotografiche o giochi di luce, come rivelazioni mentali di un linguaggio visivo psico-fisiologico che non possiamo definire più solo immaginario. L’artista dimostra come i segnali inviati dai nostri nervi ottici dalla retina non sono distinguibili ai segnali cerebrali prodotte da fotoni reali quando siamo in presenza di luce, quelli che ci fanno vedere o creare un colore.

Denitza Nedkova